Un grande album di famiglia
Non esistono documenti con la descrizione dei quadri della Sala delle Gesta del Castello di San Secondo ad eccezione dei testi manoscritti conservati presso la Biblioteca Palatina di Parma (manoscritto parmense, 569). Trattasi di una descrizione molto sommaria, per gli eventi storici e per i luoghi. Tantomeno i personaggi sono adeguatamente documentati.
Ogni quadro ha precisi riferimenti spazio-temporali. Troviamo, ad esempio, la piante di Borgo San Donnino nel I e V quadro, di Firenze nel IX, di Parma nel X, troviamo raffigurati "eserciti" di personaggi, purtroppo anonimi.
Il mio studio vuole, limitatamente alle conoscenze personali, cercare di contribuire alla identificazione qualche grande personaggio del passato per mettere in risalto, se pur ce ne fosse ancora bisogno, l'importanza strategica, politica e culturale del Casato rossiano.
Ho sotto gli occhi il quadro tredicesimo (foto n. 1) affrescato sulla volta della Grande Sala, descritto nell'ottava dell'anonimo poeta rinascimentale:
Fa 'l Re Francesco il giovine et il
vero Ottava, nella stessa epoca, così parafrasata: 13a Hist. - 1542 - Pietro Maria il giovane dal Re Francesco alla presenza di tutta la fraternità… dei Cavaglieri dell'ordine, e con l'assistenza del Contestabile, come in simili occorrenze s'usa, è fatto Cavagliero dell'ordine, e Generale d'Italiani.
|
|
L'affresco è una grande foto di famiglia. In primo piano, giustamente e senza ombra di dubbio, il Re di Francia Francesco I nell'atto di conferire a Pier Maria III il Collare dell'Ordine di San Michele, massima onorificenza militare. Sempre in primo piano, sulla sinistra alle spalle del re, spicca un giovane (foto n. 2a) in alta uniforme. Potrebbe essere Troilo II, erede dinastico, non ancora ventenne. L'immagine, purtroppo, può essere solo raffrontata (lo ammetto: è poca cosa) con quella del bambino (foto n. 2b) raffigurato con i fratelli e la madre nel famoso quadro (Parmigianino? Girolamo Bedoli?) conservato al Prado di Madrid. Considerata la posizione preminente delle tre principali figure, credo che la mia possa essere una ipotesi verosimile, anche se non pretendo l’unanimità dei consensi.
Foto n. 2a |
Foto n. 2b |
Pier Maria e Troilo sono circondati dal "gruppo di parenti ed amici". Ma chi sono costoro? Non tutti sono riconoscibili. A prima vista, però, almeno due di loro potrebbero essere chiaramente identificabili in Camilla Gonzaga e in Pietro Aretino, rispettivamente moglie e intimo amico del Conte di San Secondo.
Il viso femminile effigiato sulla estrema destra dell'affresco (foto n. 3a) mi sembra decisamente somigliante al ritratto (foto n. 3b) conservato al Prado. Il confronto mi pare decisamente positivo: stessi lineamenti, stesso portamento altero ed austero.
Foto n. 3a |
Foto n. 3b |
Se la presenza di Camilla Gonzaga e di Troilo, moglie e figlio, può considerarsi ovvia (è festa grande in famiglia per il conferimento dell'alta onorificenza!), non altrettanto scontata, ai più, potrebbe apparire la "intrusione" di Pietro Aretino, personaggio per un verso tanto scomodo e, allo stesso tempo, tanto familiare, da essere posto in prima fila, seppur disallineato rispetto ai personaggi principali, comunque nel "gruppo degli intimi".
Non è mia intenzione dissertare sulla figura morale e scientifica del grande letterato rinascimentale, figlio del suo tempo, senz'altro più scomodo per i posteri che non per i contemporanei. Oggetto delle mie argomentazioni è dimostrare che la sua eventuale presenza al fatto del 1542 non è certamente fuori luogo. Lui stesso, Pietro Aretino, ne dà una ampia descrizione ne "LE CARTE PARLANTI" (prima edizione Venezia, 1543, riedite nel 1992 da Sellerio, curate da Giuseppe Casalegno e Gabriella Giaccone):
Carte: Ci è forza di ritornare a certi gran maestri che ci son usciti di mente, e poi rientratici in memoria a usanza de i sogni. Padovano: Non si dee torre la lode a niuno. Carte: Dieci anni continovi ha con insopportabile disdetta giocato il conte Piermaria di Sansecondo. Padovano: Intendo del nipote di colui che tiene le degne e sacre sue ossa in Mantova. Carte: Egli è desso. Padovano: Cugino del duca nostro, salve. Carte: Duo lustri e vintiquattro mesi ha durato di perdere il grave e religioso capitano, bench‚ non si può vantar carta d'averlo mai sentito dire parola mala. E perché‚ nel rompersegli d'ogni disegno il suo animo restò sempre intero, eccolo generale de le fanterie cristianissime, cavaliere de l'ordine di san Michele e speranza de la gloria italiana. Padovano: Ho inteso confermarlo ne la valentigia del zio. Carte: Noi che non diamo mente di man ritta n‚ di mancina, per non essere cotal onore il vero segno de l'altrui merito. Padovano: Son cerimonie di vanites vanitatum.
|
La familiarità di Pietro Aretino col Conte di San Secondo Pier Maria è largamente testimoniata da un carteggio per nulla insignificante.
Tre lettere del 1537: nel ricordargli "il gran zio" Giovanni delle Bande Nere, si scusa "del mio non vi aver più scritto" (Lettere, I, 105); nel ringraziarlo per l'invio de "le calze e le maniche, vaghe come io le voleva", chiede intercessione presso il cugino duca di Firenze Cosimo I (id., I, 124); lamentandosi d' "avere addosso quel diavolo d'amore", si dilunga in racconti più o meno autobiografici, (id., I, 155).
Nel 1541 Pietro Aretino gode che il Conte Pier Maria abbia vinto le insidie e gli oltraggi dei nemici ritrovando la grazia di re Francesco (id., II, 284). Nel 1542 Pier Maria incontra Pietro Aretino, che così scrive a Camilla Gonzaga (10 agosto):
"Nel degnarsi il Conte Piermaria, splendore d'Italia e consorte vostro, di venirmi a vedere, ecco che un de i suoi mi porge la scatola che mi mandate da Mantova con le maniche dentro. Il qual dono mi è tanto piacciuto quanto gli è bello...".
Termina la lettera augurando alla Gonzaga di serbare bellezza e lunga vita, con sempre crescenti onori per il marito e per i figli (id., II, 424). Tra l'ottobre e il dicembre del 1546, in tre lettere (id, IV, 106, 108, 147), l'Aretino cerca di convincere il Conte ad una pacifica convivenza con Pierluigi Farnese (azione meritoria quanto scarsamente produttiva).
In altre lettere si hanno ancora riferimenti entusiastici. Chi non ricorda quella, famosissima, del 10 dicembre 1526 (I, 4), indirizzata a Messer Francesco degli Albizi, dove Pier Maria viene prefigurato addirittura successore, al comando delle mitiche "Bande Nere", dallo stesso Giovanni de' Medici morente:
"Si ricordò del Conte di San Secondo dicendo: "Almen fusse egli qui, che gli restarebbe il mio luogo"¯.
Vale pure la pena ricordare le espressioni della lettera del dicembre 1542 (id., III, s.i.) indirizzata ad Alessandro Vitelli:
"E per concluderla nel Conte di San Secondo, cognato vostro e figliuol mio (che così mi assicura di chiamarlo il suo osservarmi da padre), dicovi che non altramente mi ricreavo nel vedermelo a tutte l'ore intorno, ch'io solevo ricrearmi nel vedermi del continuo appresso quel Giovanni de' Medici il quale non poteva, non voleva, e non sapeva vivere senza me".
Credo che i riferimenti letterari siano bastevoli: si potrebbero aggiungere vari "Pronostichi" (solo quello del 1534 contiene frecciate, in verità, molto blande) oppure "La Orazia", dedicata nel 1546 a Paolo III, con la citazione positiva: "con sommo onor del conte Pier Maria" ("La fama parla").
Non resta che avviare il raffronto iconografico. L'immagine sansecondina di un Aretino anziano (foto n. 4a) è messa a confronto con la incisione di Giuseppe Parini, da G.M. Mazzucchelli, Padova, 1741 (foto n. 4b) e con quella più giovanile di Marcantonio Raimondi (foto n. 4c, Roma, Gabinetto Nazionale delle Scienze).
Foto n. 4a |
Foto n. 4b |
Foto n. 4c |
I risultati dei confronti mi paiono decisamente interessanti: analoga è la maschera facciale, arcigna e sprezzante, altezzosa e superba, pur nella diversità dell'età.
A conclusione di queste argomentazioni tengo a ribadire il concetto che, purtroppo, gli studi sono sempre stati molto aleatori e frammentari e gli eventi storico-politici contingenti hanno contribuito di molto a "insabbiare" ogni ricerca volta non tanto alla rivalutazione, quanto anche ad un sereno giudizio sul Casato Rossiano.