Gian Giacomo o Gian Girolamo?

di Pier Luigi Poldi Allaj


Il ritratto del personaggio posto sulla verticale del camino nella sala di Adone non cessa di porre dubbi interpretativi. L'iscrizione sull'affresco è illeggibile e neppure si ritrovano documenti confortanti tra gli "studi" sei, sette ed ottocenteschi. Solo  sul finire del XIX secolo, Dante Minghelli-Vaini, il proprietario-distruttore della Rocca, nei Cenni sul Castello di San Secondo (Roma, 1895 - ristampa quasi anastatica a cura del Comune di San Secondo Parmense, 1992), propone acriticamente la teoria esegetica trivulziana.

Sala II. - La seconda sala che prende nome dalla morte di Adone, dipinta nel medaglione centrale, raffigura nella vólta un loggiato e terrazza chiuso da una tenda su cui è dipinto il soggetto. In esso è Adone che ferito dal cignale spira nelle braccia di Venere, assistita da Amore: una truppa di amorini lo vendica uccidendo il cignale. Nel centro delle quattro faccie inferiori della vólta, e precisamente appoggiati ai pilastri centrali del loggiato sono quattro magnifici ritratti: il 1° è di Giovanni de' Medici detto delle Bande Nere, nelle quali militò un Rossi; il 2° è del Cardinale di S. Giorgio Riario Sforza; il 3° di un Gonzaga di Mantova; il 4° di quel Iacopo Trivulzio, che generale di Luigi XII ordinò al castellano di S. Secondo di rendere la Rocca ai Rossi. Sono questi ritratti sostenuti ciascuno da due giganti coricati sotto il loggiato, di magnifica maniera. In ciascun angolo quattro puttini folleggianti con ghirlande di fiori che cingono gli stemmi della famiglia Rossi.

   

Colpisce, a riprova del rigore scientifico nullo, più della identificazione del Trivulzio, l'errata indicazione del cardinale Raffaele Sansoni Riario, soprattutto il completo disinteresse attorno a figure storiche eccellenti. Chi è quel Gonzaga? Chi è quel Rossi che avrebbe militato nelle Bande Nere? Lo stesso rigore scientifico usato da Ermanno Olmi per la realizzazione del pluridecorato film Il mestiere delle armi! Per non dire anche di un pesante "refuso" grammaticale...

Qualche decennio prima del Minghelli-Vaini, Giuseppe Maria Cavalli, il prevosto-storico, aveva avuto qualche dubbio, se, nei Cenni storici della borgata e Chiesa di San Secondo (Archivio Parrocchiale di San Secondo, 1870, manoscritto), si era limitato a scrivere:

... si scorgono le immagini in busto di personaggi illustri o di principi, i quali ebbero con la famiglia Rossi rapporto di favore o di parentele. Così a mo' d'esempio si vede il ritratto di Giovanni de Medici Capo delle bande n, del Cardinale Riario, ed altrettanto si dica di altri soggetti assai noti alla storia italiana.

Dal Molossi e dall'Affò non si traggono notizie utili al riguardo.

Gli storici e gli storici dell'arte contemporanei, che ad onor del vero mai si sono presi la briga di studiare a fondo il vasto e meraviglioso complesso iconografico e di discutere e attribuire con cognizione di causa le giuste paternità dei raffigurati e dei raffiguranti, paiono non contestare le conclusioni del Minghelli-Vaini, contribuendo, in questo modo, ad avvalorare una tesi che non trova riscontro nel ricordo dei parenti importanti che si respira in tutta la sala. Il Trivulzio, alla fin fine funzionario reale, si era limitato, nel 1499, a dare esecuzione ad ordini che provenivano direttamente dalla corte francese e non aveva mai avuto rapporti di parentela con il casato di San Secondo, tutt'al più una semplice amicizia "guerresca" con Troilo I. Peraltro la famiglia milanese, negli anni sessanta del XVI secolo (si ipotizza che la esecuzione degli affreschi sansecondini, ad opera di Orazio Sammacchini, risalga al 1564-1565, pochi mesi dopo la morte di Michelangelo e di Gian Girolamo de' Rossi), era in una fase di forte declino che culminava, di lì a qualche anno, con l'estinzione alla morte (senza eredi) di Gian Francesco (+ 14 luglio 1573, Mantova). Il nome di questi illustri signori "si tace per buon rispetto", così come Gian Girolamo taceva il nome di una celebre signora reggiana.

Lascia, quindi, perplessi che semplici appassionati - come Cesare Pezzarossa, che stimo come persona e considero tra i migliori amici e collaboratori nella difesa e nella valorizzazione del patrimonio artistico e culturale di San Secondo - si accodino a questo indolente esercito.

Tanta è stata la negligenza ed il pressapochismo con il quale sono stati condotti gli studi nell'ultimo secolo, che neppure mai sono stati "visti" ed adeguatamente illustrati personaggi palesemente noti come i protagonisti delle "gesta rossiane", per non dire di quel "Paolo III" nella lunetta con la favola della volpe e la maschera.

Recentemente Laura Malinverni, andando come il sottoscritto controcorrente, ha intravisto il conte di San Secondo, quello vero, cinquecentesco, Pier Maria il Giovane, non l'omonimo e magnifico conte di Berceto, in quadri vasariani, attribuendo le negligenze a "rimozioni farnesiane". Allo stesso modo, io ribadisco l'ipotesi che il personaggio raffigurato a San Secondo non è Gian Giacomo Trivulzio, tanta è la diversità fisionomica che si riscontra. Collo, naso, bocca, e mento paiono di due persone diverse, per quanto coetanee, anche tenendo conto delle diverse tecniche, pittorica e fusiva, di esecuzione, entrambi presi di profilo.

    

Chi potrebbe essere allora questo personaggio, se non Gian Girolamo de' Rossi? Letterato e poeta (l'alloro), governatore di Roma (l'abito militar-civile). Che abbia la medesima postura del Trivulzio è una pura casualità, perchè, nella sala, in posizione preminente, sopra il camino, fonte di luce e di calore, dove tutti guardano, secondo un ragionamento logico, non può che starci uno stretto parente. Sono, infatti, acclarate e incontestate le presenze di Giovanni de' Medici detto delle Bande Nere (sul quale credo superfluo ogni commento), del duca di Mantova Federico II Gonzaga, cugino della contessa Camilla, del cardinale di San Giorgio Raffaele Sansoni Riario, cugino della contessa-madre Bianca. Cose che vado ripetendo da oltre un decennio.... Enon credo sia una casualità la contrapposizione diretta di due "militari" (Medici - Gonzaga) e due "religiosi" (Riario - Rossi).

Del resto, molto più somiglianti sembrano i lineamenti dell'anziano personaggio raffigurato in Rocca con quelli del giovane soggetto del quadro di Francesco Mazzola il Parmigianino, titolato "Collezionista", già descritto "Prete di mano del Parmigianino". E l'immagine a specchio rende la somiglianza ancor più verosimile.

Purtroppo a noi resta, acclarato, di Gian Girolamo de' Rossi, solo un ritratto letterario: la descrizione che di lui fa il nipote Federico (Federici Roscii Petri Mariae junioris filíi Elogia virorum rosciorum, in A. Pezzana, Storia della città di Parma, IV, Appendice, Parma 1852, pp. 55-56):

Fortuna per se insolens et lubrica, in neminem unquam alium impudentius et petulantius exercuit inconstantiae suae ludos, licet demum felices, quam in hunc Jo. Hieronymum; quippe qui et staturae praestantia, habituque oris et membrorum amplitudine formosus, multiplici et bonarum artium eruditione et juris civilis institutus, Claravallensem Abbatíam in agro placentino ab avunculo Raphaelle Riario Sancti Georgií Cardinali obtinuerat, et Romam postea profectus sub Clemente VII Camerae (ut vocant) Apostolicae clericatum et Ticinensem episcopatum meruerat, denique sub eodem et successore Paulo III in maximo diu honore et existimatione habitus inter ceteros sacratos antistites conspicuus apparuerat, paucorum invidorum maledicentia in odium pontificis deductus, per septennium modo in mole Hadriani detentus, modo Tiphernate relegatus, adeo impie vexatus est, ut praeter bona ei ablata et dignitates, dubius etiam saepe fuerit et anceps de vitae suae exitu. Verum ille nunquam animum remittens (viguit enim in eo semper et viget infractae constantiae indomita virtus) ita accusatorum perfidiam animi fortitudine et innocentia sprevit et elusit, ut reluctantibus illis et invitis, a Pontifice si non bonorum in integrum restitutionem vitae saltem libertatem consequeretur. Libere ígitur dimissus, omnibus boni exutus et patriae suae penatibus eiectus, per aliud septennium in exilio tum in transalpina Gallia apud fratrem Petrum Mariam, tum Mediolani apud Ferdinandum Gonzagam, vitam solicitam et saepe inopem trasegit. Sed erubescente demum fortuna acerbae et diutinae insecutionis poenitente, quando ipse minore spe detinebatur, tum in pristina melioremque sortem redactus est. Nam cum morte Petri Aluisii Farnesii Placentiae principis Gonzaga illam urbem in manibus habuisset, amícitiae et propinquitatis non ímmemor, Claravallensem Abbatiam Jo. Hieronymo reddidit, succedenteque paulo post Pontificis obitu Beatoque Julio III Ticinensis quoque Episcopatus eidem restitutus est, ob quam rem Romam, ut Pontifici tanti benefici gratias agere profectus, ab eo et humaniter est receptus et honorifice praeses urbis constitutus. In quo munere obeundo lenibus et incorruptis moribus et judíciis utens ob idque Pontifici et plurimís sacrati ordinis antistibus maxime gratus ad purpurati galeri honorem jam designabatur, ni intempestiva mors Pontificis illius dignitati obstitisset. Ammisso igitur tam benigno perhumanoque principe Jo. Hieronymus ad id potissimum animum adhibuit ut posthabitis aulicis illacebris, litterarum studiis vacans illam vitam viveret, quae nulla in se contineret molestias.

Commenta queste parole Vanni Bramanti nella introduzione alla Vita di Federico di Montefeltro, scritta da Gian Girolamo de' Rossi nel Cinquecento e la cui moderna riedizione è stata da lui stesso curata (Olschki, Firenze, 1995):

Certo in questa pagina non poco deve essere stato propiziato dal legame di sangue, dall'affetto sincero che il nipote nutriva nei confronti del fratello di suo padre, tuttavia pullulano gli elementi per un medaglione a tutto tondo di un eroe positivo: un uomo di bell'aspetto e di ampia cultura avversato dalla fortuna (e non a caso il brano si apre proprio con quest'ultima parola); una brillante carriera ecclesiastica mutilata dall'invidia e dalla maldicenza di pochi; il carcere, il confino e poi i lunghi anni di esilio; la restituzione, sia pure parziale di quanto gli era stato ingiustamente sottratto; il governatorato di Roma e la nuova delusione nelle sue legittime aspirazioni alla porpora causata dall'inattesa scomparsa di Giulio III; il rifiuto, infine, della vita di corte per consacrarsi agli studi letterari. Insomma, gli ingredienti c'erano tutti per consegnare alla storia l'immagine di un uomo in buona sostanza incompreso ed incompiuto, magari con l'aggiunta, da offrire a futura memoria, di un manipolo di testi che, allora, non avevano trovato la via della pubblicazione. Tuttavia, a dispetto delle buone intenzioni del nipote, mano a mano la polvere del tempo si era accumulata sui tratti di un personaggio che, da vivo, aveva goduto di un'indubbia notorietà e che era stato a lungo a contatto con alcuni dei protagonisti delle vicende più importanti di allora. Infatti bisognerà attendere fino al declinare del secolo decimottavo per ritrovare un po' di luce intorno alla figura del de' Rossi, e questo grazie alla sua biografia realizzata nel 1785 dall'erudito frate minoríta Ireneo Affò.

Andrebbero compiute indagini serie e costose e, comunque, lo ammetto, la certezza delle conclusioni, si avrebbe solo con la produzione di documenti inoppugnabili. Vale a dire mai. Uguale a desistere in partenza. Mai... Perchè i riscontri storici, artistici e familiari concordano tutti. E anche le rimozioni.

Alea jacta est... da un pezzo!

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Bibliografia

BASTERI, M. C., ROTA, P., CIRILLO, G., GODI, G., La Rocca dei Rossi a San Secondo, PPS, PR, 1995.

BERNINI, F., Il Castello dei Rossi in San Secondo, La Bodoniana, Parma, pp. 56 + XVIII tavole, 1936.

CAVALLI, G. M., Cenni storici della borgata e Chiesa di San Secondo, Archivio Parrocchiale di San Secondo, 1870 (manoscritto).

MINGHELLI-VAINI, D., Cenni sul Castello di San Secondo, Roma, 1895 (ristampa a cura del Comune di San Secondo, 1992)

PELLEGRI, M., Il Castello e la Terra di San Secondo nella storia e nell'arte, Amministrazione Comunale di San Secondo, (1958, 1968) 1979.

ROSSI, de', G., Vita di Federico di Montefeltro (a cura di V. Bramanti), Olschki, Firenze, 1995.

ROSSI, de', G., Vita di Giovanni de' Medici detto delle Bande Nere (a cura di V. Bramanti), Salerno Ed., Roma, 1996.

ROSSI, S., La Rocca di San Secondo, Aemilia, Parma, 1993.

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Notizie da pagine internet

Museo Baroffio - monete - medaglie
http://www.museobaroffio.it/monete.medaglie.htm

Storia di Milano - Gian Giacomo Trivulzio
http://www.storiadimilano.it/Personaggi/Milanesi%20illustri/giangiacomo_trivulzio.htm

 


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