DA BIANCA A CAMILLA

Il matriarcato rossiano

di

Elena Bini

 

11 agosto 1522: Pier Maria III de' Rossi e la madre Bianca Riario sono a Città di Castello per firmare il contratto nuziale che lega la sorella Angela Paola a Vitello Vitelli, signore e nobile condottiero. Matrimonio politico fondamentale per la storia del nostro casato,ma non solo, visto che per Angela i Vitelli costruirono due palazzi e chiamarano il Vasari per le decorazioni. Si tratta del primo passo diplomatico che Pier Maria compie, appena diventato marchese, a soli 18 anni. Sempre lo stesso anno è costretto a difendere il castello, in ricostruzione, dagli attacchi dei Rossi di Corniglio. Si dimostra già valoroso e il suo popolo nota compiaciuto che il giovane conte ha appreso bene l'arte militare dallo zio, Giovanni de' Medici.

13 febbraio 1523: il teatro dell'azione è Mantova, dove Pier Maria e Bianca si sono recati per questioni matrimoniali. Sono stati ben accolti dai Gonzaga, in particolare da Alessandro e Sigismondo, figli di Giovanni e di Laura Bentivoglio. I quattro firmano un altro contratto che lega per sempre il conte Rossi e Camilla. La dote viene fissata in 6000 ducati e, come si usava all'epoca, suddivisa in arredi, abiti, gioielli e denaro. Il prezzo della dote è maggiore: il marchese è consapevole che questa è la sua prima vittoria in ambito politico e la madre Bianca approva la scelta del suo primogenito. Ella già pensava agli apparati, alle feste, agli addobbi che doveva approntare nella Rocca. La vedova di Troilo si ricordava pure della gioia, del giubilo riservatile, nel luglio 1503, quando entrava per la prima volta nelle sue nuove terre, dalla gente e in particolare da Angela Scotti, la suocera.

Il ruolo di Bianca fu sempre importante: innanzitutto portò ai Rossi l'alleanza medicea, grazie al fratellastro Giovanni delle Bande Nere. Ma lei stessa si rivelò donna dal carattere forte, tenace, come la madre Caterina Sforza e contribuì allo sviluppo architettonico della Rocca, avviato dal suo sposo. Riuscì a capire le esigenze di questo casato, rimanendo presente a fianco del figlio nel governo del feudo, fino all'anno della sua morte (1530 c.). Lo stesso dicasi per Camilla, la quale abbandona la colta corte della zia Isabella d'Este e raggiunge San Secondo, intimorita per la separazione paterna, ma orgogliosa per la famiglia che stava per accoglierla. E' cosa nota che la giovane marchesa arrivò qui "al primo romper di primavera" (Pochettino). I documenti affermano che gli sposi erano di aspetto nobile e fiero: belli quindi secondo i canoni cinquecenteschi. Come la suocera lei stessa comprende bene il proprio ruolo: da subito avverte la responsabilità di mantenere ben saldi i rapporti con i Gonzaga e di sostituire il marito nella diplomazia, essendo lui impegnato di frequente in battaglia. Lo sarà per tutta la vita il conte, a fianco del Papa prima, con Carlo V poi, per essere consacrato definitivamente con Francesco I.

Tornando a Camilla, si reca a Mantova in più di un'occasione e lo farà sempre; tiene corrispondenza regolare con la celebre zia, con il cugino Federico II. Nel frattempo la famiglia può contare nuovi membri e il primo figlio, nato nel 1524 sarà il successore di Pier Maria: Troilo II. Il matrimonio porterà alla coppia sette figli, in maggioranza maschi, come era accaduto anche a Troilo e Bianca. Ma il condottiero sente pure la necessità di portare avanti l'edificazione dell'importante dimora iniziata dal padre. In quel periodo la moglie vedeva di settimana in settimana procedere i lavori di trasformazione di Palazzo Te. Aveva occasione di notare l'evoluzione delle decorazioni interne e ne scriveva al marito, che dopo poco tempo chiamava a San Secondo alcuni collaboratori del Romano per lavorare alla propria camera da letto e al proprio studiolo, luogo di potere, ma anche di ricche collezioni. Siamo al 1530. Qualche anno dopo il pittore Francesco Mazzola si fermerà in questa contea per breve tempo; sufficiente però per realizzare i due ritratti dei signori del feudo. Il conte compare da solo; Camilla invece con tre figli, sorridente. Le preoccupazioni, i problemi e le tensioni con i Farnese erano già iniziati e traspaiono dal volto altero del condottiero che ha rispettato la tradizione familiare seguendo la via delle armi. Le lettere autografe di questo personaggio ricordano che l'arrogante Pierluigi Farnese, duca di Parma e Piacenza, aveva imposto ai Rossi l'abitazione a Parma, ovviamente per poter meglio controllare l'ambizioso casato. Ma non gli fu possibile, poichè il conte gli rispose che piuttosto avrebbe rinunciato alla primogenitura. Una mossa azzardata, sicuramente coraggiosa, come quella di Pier Maria il Magnifico, che nel 1482 si era opposto al potere di Ludovico il Moro, subendone poi le conseguenze. Coraggioso come Camilla de' Rossi, altra figlia di Bianca, che dopo essere stata amante dello zio, viene cacciata da Venezia perchè s'intrometteva in questioni di politica. Se il fratello morirà nel 1547, stringendo la medaglia con il proprio motto "Aut te capiam aut moriar" (o ti prenderò o morirò), la moglie attenderà ancora parecchio, fino al 1583. Sempre tesa verso la famiglia, infaticabile, riuscirà ad entrare nella corte dell'odiata Margherita d'Austria, moglie di Ottavio Farnese, cercando di aiutare il figlio in una politica vissuta sempre più sul filo del rasoio, consigliando, scrivendo, perorando aiuti nelle corti amiche (Firenze e Mantova). Lontani erano i tempi spensierati, quando ancora sedicenne varcava le soglie della corte grande tra canti e suoni più fausti.

 


 

 

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