Considerazioni sulla voce
S. SECONDO
del
Vocabolario topografico dei Ducati di Parma, Piacenza e Guastalla
di Lorenzo Molossi

 

 

Nota di
Pier Luigi Poldi Allaj

 

Tra il 1832 ed il 1834 Lorenzo Molossi componeva e dava alle stampe un Vocabolario topografico dei Ducati di Parma, Piacenza e Guastalla che comprendeva i toponimi all'ora in uso, con una descrizione geografica, amministrativa, storica, artistica ed economica, e chi più ne ha più ne metta. delle varie località dello Stato, una sorta di mini-enciclopedia che ci riporta indietro di quasi due secoli.

Si vuole, in questa pagina riproporre la voce che più ci interessa, San Secondo, e la si vuole analizzare nel contesto più ampio delle conoscenze più recenti, ponendo la giusta evidenza su quei particolari che pienamente non possono oggi essere condivisi, dettati probabilmente da una "fonte" popolare non propriamente attendibile, non volendosi con questo inficiare il valore di un'opera che pur sempre resta fondamentale nella storiografia parmense

Analizzando paragrafo per paragrafo. si trovano subito le puntualizzazioni amministrative, ed anche religiose, vigenti nel periodo, sulle quale nulla pare dover eccepire.

S. SECONDO, borgata del duc. e della diocesi di Parma, commessariato di Borgo San Donnino, capoluogo di comune e di pretura di 1.a classe, vicariato foraneo della diocesi, e prevostura; residenza di una brigata di dragoni a piedi, e di una dogana intermedia pel confine del regno lombardo-veneto al Po.

Nel secondo paragrafo si riscontra un errore di contiguità spaziale, laddove San Secondo è collocato "5 [miglia] al S-0. da Fontanellato". anzichè al Nord-Est. Tutto il resto pare più che verosimile, dandosi una buona istantanea socio-economica

Giace in una bassa pianura sulla strada che da Parma conduce a Cremona, fra il Taro discostovi migl. 1 1/4 all'È., ed il rio Scannabecco lungi all'O. migl. 1 1/2. È sotto i 44.° 55' di lat., e i 27.° 53' 20" di long.; a distanza di migl. 11 al N-O. da Parma, 12 al N-E. da Borgo S. Donnino, 11 1/4 al S-E. da Busseto, 3 3/4 al S. per l'O. da Sissa, 6 1/4 dal Po, 6 2/3 all' E. da Soragna, 5 al S-0. da Fontanellato, e 7 al S. per l'E. da Roccabianca; luoghi la cui vicinanza cotanto contribuisce a renderne, quant'è, fiorentissimo il mercato che vi si tiene ogni mercoledì, massimamente di granaglie (di cui si spacciano annualmente da 6585 quintali), di porci, buoi, pollame, tele caserecce, e cavalli. Conta 250 case e 1596 abit. V'ha una scuola primaria pe' maschi, una per le fanciulle, medico e chirurgo condotti, 2 farmacie, l'illuminazione notturna, ed uno spedale. Giusta le pie fondazioni fatte da un Giamb. Rainieri e da una Giovanna Sommi i malati poveri vergognosi della borgata ricevono cura e sussidio anche a domicilio. Ne' giorni 27 e 28 di agosto vi ricorre una fiera profittevole pel suo traffico, e assai festosa pel numeroso concorso di persone, che dalla capitale e da' vicini paesi molto volentieri vi si recano, allettativi dalla cordiale ospitalità degli abit. Una volta questa fiera facevasi a S. Genesio.

Si comincia poi a trattare la situazione artistica, e la connessa gestione, sacra con interessanti annotazioni.

La chiesa maggiore, intitolata alla Ss. Nunciata, è di scorretto disegno, ma ornata e riattata assai bene da pochi anni in qua a merito principale del defunto Giuseppe Zavaroni, e del sig. Alessandro Campanini, eredi dell'ultimo de' Rossi, il conte Guido. Risiede in essa una collegiata di 12 individui, cioè il proposto parroco, 4 canonici parrochi, e a prebendarj già tutti di nomina della casa Rossi, 1 cappellano curato che adempie gli ufficii parrocchiali nella campagna, 2 coristi ed 1 beneficiario principale. Sonvi 4 confraternite erette nella predetta chiesa sotto il titolo del SS. Sacramento, del Rosario, del Riscatto e della Concezione: le tre prime hanno i loro oratorii; quello dell' ultima fu demolito nel 1812. L'oratorio del Riscatto è di galante ma ardito disegno, che vuolsi di un Maj da S. Secondo. Nella chiesa di S. Caterina, racchiudente le ceneri de' Rossi, è da osservarsi il quadro della Santa, d'ignoto ma valente pennello.

Già nel capoverso precedente si entra in Rocca, attraverso l'Oratorio di Santa Caterina. E della Rocca si comincia a parlare diffusamente, purtroppo con molto pressapochismo, lasciando più spazio a note di colore ("la particolarità dell'eco"), che non all'apparato decorativo. Si attribuiscono poi al Parmigianino poteri profetici, laddove l'artista avrebbe dovuto aver dipinto "la più bella delle medaglie che è nel mezzo della sala", essendo lui premorto al fatto, alcuni anni prima che si verificasse. E, per cattiva conoscenza di causa, si tralasciano dal commentare i particolari sulle modalità dell'acquisizione da parte di Moreau de Saint-Méry del ritratto di Pier Maria. A parte le tre sale dei Giganti, di Adone e di Latona, niente viene detto del restante apparato pittorico. Nessun aiuto, quindi, ci viene per una ricostruzione didascalica delle sale demolite.

La rocca che fu de' Rossi sorge sul fianco di una quadrilunga piazzetta adorna di castagni d'india, ed è cinta da fossa. L'appartamento che risguarda sovr'essa piazza, ove fosse compito, sarebbe cosa molto signorile. Ammirabile ne è la magnifica sala per gli affreschi rappresentanti egregi fatti della famiglia, e bellissimo il fregio a chiaro sauro che vi gira in alto, tutto di emblemi guerreschi. La è pur notanda la particolarità dell'eco, per cui le parole che uno profferisca sottovoce colla faccia rivolta ad un canto della medesima sala odonsi assai chiare e forti dal canto opposto: fenomeno analogo a quello della sala de'Giganti nel palagio del T in Mantova. Attiguo al salone sonvi tre stanze adorne anch'esse di pregevoli pitture assai ben conservate. In una è raffigurata la battaglia de' giganti, nella seconda la morte di Adone, e nell'ultima la favola di Latona. Meritano ancora osservazione sei graziosi puttini spiranti grazia mazzolesca, che sono dipinti sulle reni degli archi di un loggiato. I fatti della sala trovansi descritti in 13 cattive ottave. Ne duole all'animo di non saper dire con sicurezza a quali pennelli, per certo valentissimi, attribuir si debbano i dipinti ora accennati. Il P. Affò, nel tomo 3.° della storia di Parma pag. 32, ne cita una breve descrizione stampata in Milano per Francesco Paganello senz'anno: e altrettanto fa il cav. Litta nella nobilissima sua opera delle Famiglie illustri. Ma non ci è venuto fatto di vederla. I più, a quanto intendiamo, giudicano quelle esser fatture de' fratelli Campi, di Cesare Baglioni, e dell'Anselmi. Certo è che gli splendidi Rossi non istettero neppure senza opere di Franc. Mazzola: vuolsi esser cosa di lui la più bella delle medaglie che è nel mezzo della sala. Quel ritratto poi di Pier-Maria, che Vincenzo Carrari nella storia de' Rossi dice politissimamente dipinto dal Parmigianino, come vien ripetuto dal P. Affò nella vita di questo, fu da Gian Girolamo Rossi donato a Moreau de S. Méry, il quale vi tenne sopra il pensiero un po' di tempo, e, non curate le prime dinegazioni, facilmente lo ottenne per opera de' suoi piacentieri, i quali per avventura dissimularono appresso il conte, dimorante sul veneziano, il pregio di quell'opera.

Ed, oltre all'oratorio di cui si è detto sopra, anche "un teatrino"... il famoso teatro di corte, che verso la fine del secolo verrà demolito, come del resto l'oratorio e tante altre parti del castello.

Esiste nella rocca medesima un oratorio, ed un teatrino sufficiente, che dalla liberalità del padrone si lascia occorrendo a pubblico ricreamento .

Trova spazio anche "l'ampio parco di 60 biolche fasciato di muraglia" e "un oratorietto d'ottimo disegno, che dal luogo appellasi della Beata Vergine del Serraglio", ad affrescare il quale non sarebbero intervenuti Sebastiano Ricci e Ferdinando Galli detto il Bibiena, ma artisti "secondo la scuola di Giulio Romano".

A costa della rocca si estende l'ampio parco di 60 biolche fasciato di muraglia, oggidì ridotto ad orto e giardino con buoni vigneti, ed amenissimi viali. In un angolo di esso sta un oratorietto d'ottimo disegno, che dal luogo appellasi della Beata Vergine del Serraglio. N'è mal dipinto il santuario; pregevolmente tutto il resto secondo la scuola di Giulio Romano.

Gran parte della voce viene dedicata ad un veloce racconto della stora di San Secondo e della famiglia dei Rossi, lasciandosi la più parte dello spazio al Quattrocento ed a Pier Maria I, nella più ampia accezione di quello stereotipo rossiano ancora oggi tanto in voga.

La prima notizia di S. Secondo s'ha in un documento dell'894, riferito dall'Affo. Era un semplice castello in luoghi paludosi posseduto dal capitolo di Parma, a cui ne confermò il possesso nel 999 1'imp. Ottone III. Una quarta parte della corte di S. Secondo fu infeudata alla contessa Matilde, dopo la cui morte certo Oddone da S. Quirico pretese fossegli devoluta: ma nel 1163 Ermanno vescovo Verdense sentenziò essere del capitolo . Le pubbliche occorrenze costrinsero questo nel 1365 ad alienare tal signorìa a Giacomo di Rolando de' Rossi, ricca e potente famiglia di Parma. Giacomo Rossi è adunque il primo feudatario di San Secondo con titolo di conte: ad esso confermava ben volentieri tale acquisto Ugolino suo zio vescovo di Parma. Ignorasi la cagione per cui a Giacomo, anziché il proprio figliuolo, succedesse nel feudo il nipote Bertrando, alla cui morte (1396) sottentrò Pietro, il quale nel 1404 assunse, ma per poco, coll'astuto Otto Terzi la signoria di Parma. Nel 1413, avendo egli seguito Niccolò d' Este nel suo pellegrinaggio di Gerusalemme, da questo fu decorato del militar cingolo nel tempio del S. Sepolcro. Gli successe il figlio conte Pier-Maria, condottiero distinto degli eserciti di Filippo Maria Visconti, ed amicissimo di Francesco Sforza. Egli fondò Roccabianca, e Torchiara, e riedificò la terra di S. Secondo (1450) giacendo l'antica 1 miglio all'0. assai bistrattata dalle guerre, e in luogo improprio alla sua difesa, precisamente là dove sorse dappoi il convento originariamente abitato da' frati Amadei, a' quali nel 1567 succedettero i Minori osservanti. Tal convento fu demolito nel 1820. Pier-Maria edificò ancora, nel 1450, la chiesa predetta della Nunciata, istituendovi 20 anni appresso il capitolo, a cui per concessione del pontef. Paolo II. unì l'antica pieve di S. Genesio, la vecchia chiesa curata di San Secondo, ed alcuni benefizii. Alla morte di Gian Galeazzo Sforza Pier-Maria precipitò dall'alto suo grado di fortuna. Innalzaronsi contro lui potenti rivali, e nel 1482 videsi assediato in S. Secondo dalle armi dell'ingrato Lodovico il Moro. Dalla quale posizione essendogli riuscito sottrarsi, tuttoché infermo, ebbe modo di trasferirsi nella sua rocca di Torchiara, ove appena giunto chiuse la vita nel dì 1.° settembre varcati avendo 69 anni. Guido suo figlio, dichiarato poco stante traditore e ribelle dal Moro, e non potendo star saldo contro la piena de' nimici, fuggissi nel genovesato, lasciando campo a cotestoro di occupare le 33 castella che nell'antecedente pace erangli rimaste. Anche S. Secondo dovè cadere a' 21 giugno 1483 nelle mani degli sforzeschi. Guido si morì in Venezia nel 1490. Filippo-Maria suo figlio non potè ricovrare i suoi possedimunti, siccome dopo varie vicende vennegli fatto soltanto de' luoghi di Bardone e Corniglio, nel qual ultimo luogo morì assai vecchio nel 1529. Ma ben riuscì a rialzare la casa Troilo (nipote di Guido, e figlio a Giovanni), a cui Luigi XII. re di Francia, divenuto padrone del Milanese, diede nel 1505 l'investitura di S. Secondo con titolo di marchese. Egli poscia ricuperò molti altri castelli, ed allargò il circuito di questa terra ove compiè i suoi di nel l521. A lui sottentrò il figliuolo Pier-Maria, prode nelle armi, che morì nel 1547; quindi venne Troilo che splendidamente ornò nell' interno la rocca, e di fuori premunilla di 2 balovardi, cui fece atterrare la gelosìa di Ottavio Farnese, maggiormente avverso a Troilo per l'amicizia che nodriva con Francia. Essend'egli mancato di vita nel 1591, ed a lui premorto il figliuolo Pier-Maria, s' ebbe i feudi il nipote Giambattista Troilo, che morì giovinetto nel 1593 guerreggiando contro i francesi. Perciò ebbe lo stato suo il fratello Federico, che ampliò S. Secondo con nuovi edilìzi, e fondò a poca distanza del paese il convento dei cappuccini, conservato, dopo l'abolizione de' frati, dalla religione e pietà del fu Giacomo Antonio Cavalli in un colla chiesa annessavi, nella quale sono da vedersi alcuni buoni dipinti in tela. Federico, distinto nell'armi, mori nel 1632; e fu suo erede Troilo, che militando per gli spagnuoli si concitò le ira farnesiane così che gli vennero confiscati i feudi, e inori in guerra nel 1635. Il fratello di lui Pier-Maria, tenendo egli pure le parti di Spagna, non potè veder tolte le confische: il che conseguì nel 1653, non senza grandi sacrifizi pecuniarii, l'altro fratello, il marchese Scipione, fondatore dello spedale e della summentovata chiesa del Serraglio. Nel 1680 egli rinunciò i feudi al primogenito Federico, ritirandosi a Farfengo sul cremonese ove morì nel 1715 d'anni 87. Federico combattè nella guerra della successione sotto il principe Eugenio di Savoia; fu grande di Spagna e morì nel 1754, succedendogli il figlio Pier-Maria, che nello stesso anno passò di vita, lasciando i feudi a Scipione, esso pure grande di Spagna, uno de' più qualificati signori di Lombardia, e molto celebrato per generosità, cortesia, e magnificenza. Al calare de' francesi in Italia riparò a Venezia ove morì nel 1802. In forza di una sentenza del magistrato camerale di Parma ottenne l'eredità Giangirolamo Rossi figliuolo di Troilo 6.° marchese. Aboliti i feudi egli si ritirò a Padova e vi compì i suoi giorni nel 1817, ultimo de' feudatarii di S. Secondo, siccome il fratel suo Guido (morto in Panna nel 1825) fu l'ultimo rampollo della illustre, potente, e valorosa famiglia de' Rossi. Erede di Giangirolamo, quanto ai beni allodiali, fu il conte Ferdinando Vaini padovano, cavaliere prestantissimo, e di assai bella letteraria coltura, il quale è l'attual possessore della rocca predetta.

Un piccolo accenno ad alcuni uomini illustri, artisti in vari settori dell'ingegno e della manualità si ritrovano nel paragrafo seguente, interessante quanto scarno.

S. Secondo ha dato la culla a Gian Girolamo Rossi, vescovo di Paria, n. il 19 maggio 1505, m. il 5 aprile 1564, distinto scrittore di storie, e buon poeta lirico. Ebbervi pure i natali il cronista Massimo Rovacchia, vissuto nella seconda metà del secolo XVI; Alessio Marcheselli n. 1662, m. 173l, poeta,medico. e buon teologo; Francesco Cavalli uomo di singolare pietà e buon magistrato comunitativo, m. 1827; Federico Carra medico assai distinto e felice nelle cure, m. 1828; D. Pietro Pizzi esperto meccanico e di buone lettere. Intagliatori di rinomanza e mediocri fabbricatori di strumenti da corda furono Filippo Gaibazzi m. 1810, e Francesco suo fratello m. 1814. De' viventi nomineremo Ant. Campagna poeta comico; Ant. Costa egregio intagliatore in rame, allievo del cav. Toschi; Lorenzo Dall'asta fabbricatore di matrici e punzoni di moderni caratteri, e di corni da caccia e trombe colle chiavi, giusta il perfezionamento di Luigi Pini di Fontanellato (V. pag. 141 col. 2); Massimiliano Tovagliari calcografo di musica ed esperto calligrafo.

Ini tre brevi paragrafi si dà conto della popolazione del cosiddetto "comunello" di San Secondo e l'elenco degli altri che oggi si direbbero frazioni, che insieme costituiva il vero e proprio "comune", del quale si danno i principali numeri.

La popolaz. del comunello è di l615.

I comunelli e le parrocchie formanti il comune sono: l'Argine, i Baroni, il Canale, Castellaicardi (volgarmente Castricardo), Copezzato, Corticelli, le Fontanelle a des. dello Stirone, il Pizzo, i Ronchetti, e S. Secondo. Ancora vi si comprende una frazione di Pongenaro, ed una più piccola del Carzeto.

La superficie del com. è. tutta in piano; ha una estensione di ect. 3545,36 (migl, quadr. 16 1/7 circa) e contiene 4829 abit., 2543 masc., e 2286 fem.

Seguono i parametri di geografia fisica.

Confina all'E. med. il Taro coi comuni di Sissa, e dei Tre-Casali, al S. con quello di Fontanellato, all'0. con quello di Soragna mediante la Rovacchia, al N. con quello di Roccabianca mediante lo Stirone. Dal S. S-E. al N. N-0. viene intersecato dalla strada per a Cremona. È bagnato dal cavo Fossa o Scannabecco, abbondantissimo di acque, e da quelli denominati Gaiffa, Canalazzo de' Tari Morti, Sissa, e da altri minori, ne' quali cavi si trovano pesci, e specialmente gamberi grossi. Scorronvi i canali di S. Genesio, di S. Carlo, e il Canaletto, derivanti dal Taro, i quali muovono un molino ciascuno, e servono anche ad abbondevole irrigazione di estese praterie, particolarmente di quelle de' così detti Prati di denaro, Pernice, e Pavarara. Esse praterie, quelle delle Fontanelle, de' Ronchetti, e le bassure di Castellaicardi si prestano molto alla cacciagione de' beccaccini, de' pivieri, e delle quaglie.

Un territorio agricolo che non consente grandi rendite...

L'essere il territorio (tuttoché meno di prima) soggetto a inondazione, e il non avere generalmente un perfetto scolo, fanno si che 1'agricoltura tanto non vi progredisca quanto potrebbe: da varii anni va però migliorando .

...anche se le produzioni sono ben diversificate. E famosa ì certamente la spalla di San Secondo.

Le principali produzioni sono grani d'ogni specie, vino, e fieno; quindi i legumi, il riso, e qualche po' di canapa. La coltura del gelso vi è ancora arretrata. Le risaie trovansi nella villa di Corticelli. Vi abbonda il bestiame bovino, e porcino, di cui si fa molto traffico. I salati che si fabbricano in S. Secondo riescono a perfezione: sovrattutto hanno gran nome e spaccio le così dette spalle che prendono nome dal paese; benché in altri lunghi dello stato non se ne facciano d'inferiori.

Il lavoro termina con alcuni dati economici, che si accettano pari pari.

La rendita imponibile del com. è di 1. n. 173,926, il soprassello medio comunit. nel decennio l824-33 è stato di 1. n. 5533 , corrispond. a cent. 24 per ogni lira di contribuz. pred. e pers. Il com. ha una rendita annua patrimoniale di circa lire n. 3000.

 

 

Riproposizione anastatica della voce

 

 

 

 


Lorenzo Molossi
VOCABOLARIO TOPOGRAFICO DEI DUCATI DI PARMA PIACENZA E GUASTALLA
Dalla Tipografia Ducale, Parma, 1842-44
con collegamento a http://books.google.com/


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