Giacomo da San Secondo,
un antesignano dei moderni cantori parmensi

di Pier Luigi Poldi Allaj)

 

San Secondo tra le varie sue altre caratteristiche può ben fregiarsi di essere stata la patria di un antesignano di quel folto stuolo di musici e cantori che nei secoli hanno onorato tutta la città in senso stretto e più generalmente tutta l'area della Bassa Parmense della quale San Secondo si sente il fulcro stante anche la sua posizione geograficamente  centrale, un'area che oggi va orgogliosamente sotto il nome di "Terre Verdiane" e che del grande maestro delle Roncole di Busseto fa la bandiera, l'emblema. 

In un lontano passato, che a noi piace e sovente rivisitare, troviamo un Giacomo (o Jacomo o Jacopo) da San Secondo, Giacomo uno dei più insigni cantori e strumentisti di viola nato sul finire del Quattrocento e vissuto sino a tutto il pieno Cinquecento.

Gaspare Nello Vetro, in una prima stesura della voce nel suo Dizionario della musica del Ducato di Parma e Piacenza dalle origini al 1950, sulla scorta di quanto asserito da Jain Fenlon in Musicisti e mecenati a Mantova nel 500 (Il Mulino, Bologna, 1992), lo poneva al servizio dei Gonzaga sin dal 1501, senza peraltro precisarne in quella sede i termini della attività, aggiungendo pure che nel 1523 egli ottenne una pensione.

Questi particolari sul personaggio confortavano ed arricchivano documenti messi in luce dal sottoscritto e che in questa sede mi preme sottolineare. Sono quattro  passaggi che trovansi nella letteratura rinascimentale (Pietro Aretino, Pronostico del 1527, 1527; Pietro Aretino, Le Carte Parlanti, 1543; Baldassar Castiglione, Il libro del Cortegiano, 1528; Matteo Bandello, Novelle,1554) più uno di letteratura contemporanea (Maria Bellonci, Lucrezia Borgia, 1939).

1. Pietro Aretino nel Pronostico del 1527 (riportato in Alessandro Luzio, Pietro Aretino nei primi suoi anni a Venezia e la Corte dei Gonzaga, Torino 1888, ristampa anastatica, Forni, Bologna, 1981, pag. 9), documento che a noi è arrivato solo per un piccolo frammento iniziale, ma per noi bastevole a evidenziare la figura di Giacomo, ne parla in maniera arguta e scanzonata: “La quarta de la primavera [. . .] sarà ventosa come el sexo di Jacomo da San Secondo”. La frase di per sé alquanto spregiudicata  potrebbe alludere al successo dell'artista che lo porta, nelle varie Corti da lui frequentate, ad occasionali incontri lascivi. Non manca al discorso neppure quel doppio senso allusivo e allegorico, tipico nelle previsioni dei pronostici aretiniani.

2. Lo stesso Pietro Aretino, ne Le Carte Parlanti, il famoso Dialogo di Pietro Aretino nel quale si parla del giuoco con moralità piacevole, che vengono pubblicate a Venezia nel 1543,  e che sono state riedite a cura di Giovanni Casalegno e Gabriella Giaccone per Sellerio di Palermo nel 1992 (pag. 276), ne parla in termini encomiastici, o meglio fa parlare le carte ed il cartaro in un confronto con un altro significativo artista del tempo: “Un Betto da Cortona, che in sul liuto cantava con si dotta natura che ne stupiva talmente l’arte che gli correvano drieto a orecchie ispalancate, come a Jacopo Sansecondo”.

3. Baldassar Castiglione, nel 1528 giacchè a quel tempo risale la "editio princeps", ne Il libro del Cortegiano, parte II, cap. XLV, pag. 159 (cito la edizione della BUR, Milano, del 1987 a cura di Giulio Carinazzi), in un evidente e spassionato elogio, fa dire a Messer Bernardo Dovizi : “[. . .] soglio maravigliarmi dell’audacia di color che osano cantar alla viola in presenza del nostro Iacomo San Secondo”.

4. E poi Matteo Bandello nelle Novelle del 1554. Il testo di riferimento è la raccolta antologica pubblicata dalla BUR, Milano, nel 1990 a cura di Ettore Mazzali (con introduzione di Luigi Russo). A pag. 408-409, nella presentazione della undicesima novella della terza parte (che lo stesso Giacomo racconterà) il Bandello asserisce: “Andando […] a Bargone […] capitai non so come a Cortemaggiore, […] Era quivi messer Giacomo da San Secondo, il quale con sonare e cantare, essendo musico eccellentissimo, ci teneva spesso allegri”.

5. La testimonianza contemporanea viene desunta dal romanzo storico di Maria Bellonci Lucrezia Borgia (prima edizione 1939, più volte ripubblicato, e tra le altre, ho tra le mani Oscar Mondadori, 1979): a pag. 358, in una ideale sintesi di leggenda e prove documentali, viene esposta una teoria suggestiva ed accattivante: “Lucrezia [ . . .] ha chiamato presso di sé Jacopo di San Secondo, il celebre suonatore di viola che si disse, più tardi, ritratto da Raffaello in figura di Apollo nel Parnaso alle stanze Vaticane, e che ella regala di un giubbone e di una cappa ‘bigarata’ di raso nero”.

Apollo nel Parnaso
nelle fantastiche sembianze
di Giacomo da San Secondo,
Stanza della Segnatura in Vaticano
(da Wikipedia)

Concludendo, alla luce delle eloquenti riferimenti sopra esposti, si può a buona ragione affermare che Jacomo da San Secondo sia stato ai suoi tempi un famoso interprete dell'arte canora, lui che ha prestato la sua opera di artista non solo e non tanto alla Corte dei Gonzaga a Mantova ed, anche in quelle altrettanto prestigiose degli Este a Ferrara e dei Pallavicino a Cortemaggiore, ma addirittura presso la Corte Pontificia Romana, Papi regnanti i Medici Leone X e Clemente VII. Mancano purtroppo riscontri oggettivi di una sua attiva partecipazione alla vita di Corte a San Secondo, ma se è vero come è vero, che nel 1523 egli ottiene una pensione, con beneficio d'inventario, questa potrebbe essere stata la giusta ricompensa per i servigi prestati in occasione del matrimonio del Conte Pier Maria III de' Rossi con la cugina del marchese di Mantova Federico II.

 


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