Bellissima donna, per quanto peccaminosa…
Biografia di Angela Paola Rossi
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Il Corbucci segnala che Donna Isabella Rondinelli Vitelli gli ha fornito un ritratto su tela, dello scorcio del XVI secolo, che per tradizione familiare è sempre stato ritenuto quello di Angela Paola Rossi, in foggia di Diana cacciatrice. |
Moglie di due grandi condottieri, avvezza allo stile militare e dotata naturalmente di spirito combattivo, coraggio, furbizia e cupidigia, Angela Paola Rossi è una figura che ha acceso la fantasia popolare.
Pompeo Litta la definisce “donna di animo virile” e Vittorio Corbucci scrive che compie azioni “senza ritegno e senza scrupoli”, per affermare con tutti “la prevalenza della sua ferrea volontà, il trionfo della forza sopra il diritto!”[1].
Non si può trascurare il fatto che sua nonna materna sia la grande Caterina Sforza, la coraggiosissima Signora di Forlì abituata a marciare alla testa dei suoi soldati, chiamata dai contemporanei con l’appellativo di “Tigre” e di “Virago”, e che suo zio sia l’ultimo grande capitano di ventura italiano, Giovanni delle Bande Nere.
Attualmente non si conoscono ritratti certi di Angela. Si può ipotizzare che nelle decorazioni pittoriche dei Palazzi Vitelli di Città di Castello gli artisti si siano ispirati a lei per alcune caratterizzazioni femminili e il Vasari nelle sue Vite scrive che il fiorentino Giuliano Bugiardini “…ritrasse la signora Angiola de’ Rossi, sorella del Conte di San Secondo, per lo Signore Alessandro Vitelli, suo marito, che allora era alla guardia di Firenze…”. Ma di questo ritratto, apprezzato da Michelangelo, oggi non c’è traccia.
La vita
Nata a San Secondo probabilmente nel 1506 da Troilo I Rossi e Bianca Riario, Paola detta Angela va sposa nel 1522 a Vitello Vitelli, figlio del grande condottiero umbro Camillo. Le cronache ricordano il viaggio della bellissima giovane dalla sua terra a quella del marito e narrano l’accoglienza fattale da Giovanni delle Bande Nere, al suo passaggio per Reggio nel 1523:
“Nelle nozze della sua nipote detta Angiuola Rossi maritata a Vitello Vitelli… fece [Giovanni] molti trionfi e feste in Reggio di Lombardia, passandovi ella per ire a marito, e fece fare la notte ed il giorno molti belli tornamenti ed abbattimenti da pie’, e da cavallo a’suoi soldati…”[2] .
Dall’unione con Vitello Vitelli, che due anni prima della morte aveva avuto l’onore di ricevere il comando delle Bande Nere di Giovanni de’Medici, ha tre figli: Porzia, monaca nel monastero delle Murate in Firenze con il nome di Faustina; Camillo, conte di Montone, condottiero al servizio di Francesco I in Francia e quindi di Cosimo de’ Medici (1554); Costanza, sposa di Rodolfo Baglioni di Perugia.
Rimasta vedova nel 1528, nel 1530 sposa, su dispensa del Papa Clemente VII, il cugino del primo marito, Alessandro Vitelli, a sua volta condottiero reputatissimo, caro ai Papi per i servizi resi e per le prove militari e di coraggio in Ungheria contro i Turchi di Solimano. Dopo la guerra fiorentina del 1530, nella quale anche il fratello di Angela Pier Maria III Rossi ha un ruolo primario, Alessandro de’ Medici diviene signore di Firenze e Alessandro Vitelli riceve il comando della guardia posta a custodia della città.
Quando nel 1537 viene assassinato il duca Alessandro, i Medici chiamano in aiuto proprio Alessandro Vitelli, probabilmente per intercessione della stessa Angela Rossi, che -non dimentichiamolo- era parente anche di Cosimo de’ Medici e in quel momento si trovava a Firenze:
“Accadde che in questo mentre fu morto il duca e la signora Angela de’ Rossi da Parma moglie del Signore Alessandro, donna di animo virile, si rifuggì, in su que’ romori con sue robe e suoi figliuoli nella fortezza; onde il signore Alessandro quando giunse in Firenze, presa occasione di volernela cavare…”[3].
Da Alessandro Angela ha dieci figli, tra i quali: Vitellozzo, Vescovo di Città di Castello (1554) e quindi Cardinale; Beatrice e Olimpia, monache nel Monastero di Tutti i Santi; Vincenzo, chiamato da Papa Paolo IV agli stipendi dei pontifici, che, dopo un periodo trascorso al servizio di Cosimo de’ Medici, prende parte come generale alla battaglia di Lepanto (1571) con la Lega voluta da Paolo IV e poi si ribella a Gregorio XIII nel tentativo di rientrare in possesso del marchesato di Citerna: viene perdonato e reintegrato al supremo comando dell’esercito pontificio.
Rimasta vedova di Alessandro Vitelli nel 1554, muore all'improvviso a Città di Castello l’11 novembre 1573 nel suo palazzo a San Giacomo, e viene sepolta nella chiesa della Madonna delle Grazie.
Un matrimonio tempestoso e un terribile figlio
Le vicende matrimoniali di Angela con il secondo marito, Alessandro Vitelli, si intrecciano con le creazioni architettoniche e artistiche dell’epoca a Città di Castello.
Il Palazzo Vitelli detto della Cannoniera viene costruito per volontà di Alessandro proprio in occasione del suo matrimonio con Angela, tra il 1530 e il 1532, ristrutturando un gruppo di case preesistenti su un terreno da lui acquistato il 14 novembre 1521.
Graffiti, grottesche, raffigurazioni mitologiche che ornano il Palazzo richiamano le vicende coniugali della coppia, piuttosto agitate se si vuol dar credito alla famosa leggenda della “sora Laura” legata a questo palazzo ed alla gelosia che Paola Rossi provava per il marito, amante appunto di una dama chiamata Laura. Non si sa chi fosse questa donna, ma pare che le discordie fra i coniugi Vitelli portino Angela ad abbandonare il tetto coniugale e a farsi costruire un nuovo palazzo a San Giacomo: versione piuttosto controversa, ma che sembra avvalorare il fatto che la personalità di Angela Paola Rossi emerge in tutta la sua forza ed originalità anche prima della morte del secondo marito.
Il maggiore dei figli nato dalla sua unione con Alessandro, Vitellozzo, tenuto al fonte battesimale da Alessandro de’Medici, con l’intervento dei due illustri Cardinali fiorentini Giovanni Salviati e Niccolò Ridolfi, fa una brillante carriera ecclesiastica alla Corte Pontificia di Roma. Papa Giulio III, legato da vincoli di antica amicizia con la famiglia Vitelli, prende a proteggere il giovinetto, apprezzandone il talento e soprassedendo sul carattere irrequieto, e lo nomina a soli 19 anni Chierico di Camera, il primo passo verso i massimi onori della Chiesa. A soli 25 anni “in guiderdone de lo zelo che aveva mostrato nel conciliare le controversie degli Spagnoli collo stato della Chiesa”[4], Vitellozzo riesce a farsi creare dal nuovo pontefice Paolo IV Cardinale Diacono, con il titolo dei SS. Sergio, Bacco ed Apuleio: “pagani per verità questi santi prescelti”, come afferma Vittorio Corbucci, e com’è probabilmente lo spirito del “terribile”giovane!
A mano a mano che cresce la potenza del figlio, Angela imperversa in Città di Castello con innumerevoli angherie, concussioni, vendette, alle quali nessuno -almeno sotto il pontificato di Giulio III, grande fautore della casa Vitelli- osa ribellarsi.
“Prepotente fu a tal segno da far distruggere, perché turbava i suoi sonni, una chiusa del Tevere, cagionando la rovina del Ponte, e si narra che in una sola notte, di sorpresa, facesse aprire una nuova strada, dalla Città alla Chiesa degli Osservanti”[5] .
Quando, divenuto pontefice Paolo IV, si osa istruire un’inchiesta su questi misfatti, Vitellozzo ottiene di bloccare il processo e, con la complicità del suo grande amico, il Cardinale Alfonso Carafa, consegna i testimoni alle vendette dei Vitelleschi.
Angela, sempre più imbaldanzita, si vanta del tiro mancino e dell’autorità del figlio, che in pratica le dà in mano gli atti del processo[6].
Da questi atti risulta che la “Signora Angiola aveva commesso homicidi”, persino quello di una giovane domestica, Veronica, che, sospettata di essere stata amante di Alessandro Vitelli, pare fosse stata strozzata dalla moglie con le sue stesse mani, dopo averla tenuta, sino al parto, imprigionata in una camera del suo Palazzo a San Giacomo. Ovviamente, il Cardinale Vitellozzo aveva già ottenuto dal papa un rescritto di grazia.
La personalità di Angela: ricordi e leggende a Città di Castello
E’ vero che Città di Castello, soprattutto dopo il 1550, diviene teatro delle discordie tra i Vitelli e la fazione contraria, al punto che è data facoltà ai cittadini di armarsi, a tutela della pubblica quiete. A Roma non si vede di buon occhio il predominio dei Vitelli, perché poco ortodosso e troppo laico: la famiglia enumera per tradizione grandi condottieri al servizio dei Medici, ed è quindi appoggiata da Firenze e fautrice della politica di espansione di Cosimo de’ Medici, il che può avvenire solo a danno dello Stato della Chiesa.
Ma i motivi politici non sembrano sufficienti a giustificare il fatto che il Cardinale Vitellozzo lasci amministrare alla madre ” il Vescovato a modo suo”. Angela “di propria autorità conferiva benefitii, canonicati, et faceva dare pensioni: sforzava i preti a renunciare i benefitii, aveva usurpati beni di Chiesa, di spedali et di particolari, faceva col mezzo di un Hebreo, detto Ventura, grossissime usure, sforzava i contadini a vendergli le loro possessioni a quel prezzo che pareva a lei, forzava le ville di Castello a comperare i suoi grani… et commetteva diverse altre cose empie et ingiuste… “[7].
Tra il 1559 e il 1560 si svolgono le drammatiche vendette di Angela: esemplificativa la vicenda della nobile famiglia Pallanti, per tradizione nemica dei Vitelli, che nel giro di pochi anni viene quasi sterminata. Dei sei figli di Stefano Pallanti, cinque sono trucidati; viene dato ordine di spianare il palazzo di famiglia; i beni della madre dell’unico figlio superstite sono confiscati per costringere “l’infelicissima donna a mendicare il vitto: i bestiami et i mobili gli le vendettero a trombe e tutti i denari pigliavano… i ministri della signora Angiola”![8].
Né la “vecchia Rossa” sembra smussare gli spigoli del proprio carattere fiero e vendicativo con il passare degli anni. Già quasi anziana, cova una furibonda gelosia per una giovane parente, Gentilina, moglie di Niccolò Vitelli, donna bellissima e molto corteggiata, della quale fa aggredire l’amante di notte da alcuni suoi emissari, costringendolo alla fuga e all’esilio per avere salva la vita.
Spalleggiata sempre da Vitellozzo, continua a far sospendere le cause intentate contro l’operato dei Vitelli. Solo la morte del figlio, avvenuta a soli 36 anni (non senza sospetto di veleno…) e il Tribunale dell’Inquisizione la fermano: nel gennaio del 1570, Angela viene denunciata con un nuovo memoriale a Pio V, il Papa grande castigatore dei costumi, portata a Roma e rinchiusa in Castel Sant’Angelo. Qui però, ammalatasi, ottiene di essere trasferita al Palazzo di San Marcello, sotto la protezione del Re di Spagna. Il processo si conclude il 28 febbraio 1572 con una sentenza di condanna relativamente mite: Angela è dichiarata colpevole di “usura feneratizia”, ma si passa sopra agli omicidi, alle violenze, alle usurpazioni, limitandosi ad ordinare la resa del mal tolto e una multa di diecimila scudi da pagare alla Camera Apostolica.
I figli di Angela vengono però spogliati dei feudi dal Papa e alla donna non resta che rientrare, umiliata e piena d’ira, nel suo palazzo a San Giacomo in Città di Castello. I tempi sono ormai cambiati: in Italia si stanno creando nuovi giochi politici, la riforma promossa dal Concilio di Trento si sta diffondendo, e, benché la stessa Angela, pochi anni prima, abbia risposto ad un Vescovo che la ammoniva che quello di Trento “era un Concilio di diavoli, che avevano fatto l’interesse dei vescovi”, passa l’ultimo anno della sua vita isolata e sconfitta, dedicandosi ad assidue pratiche religiose, mentre i suoi figli complottano per recuperare i feudi e ritornare a Città di Castello.
[1] Vittorio Corbucci - “La tirannia del Cardinale Vitellozzo Vitelli e di Angela Rossa a Città di Castello”, Foligno, 1925, Tip. F.Campitelli
[2] Vincenzo Carrari - “Historia de’ Rossi parmigiani”, Ravenna, 1583
[3] Benedetto Varchi - “Storia fiorentina”, XV, p.284
[4] Pompeo Litta- “Famiglie celebri italiane”, Milano 1888, Fasc. XXIV, tav.III
[5] Giovanni Magherini Graziani - “Discorso per l’inaugurazione della nuova Pinacoteca di Città di castello nel Palazzo di Alessandro Vitelli”, Città di Castello, 1913,Tip. Leonardo da Vinci.
[6] Giovanni Magherini Graziani - “Storia di Città di Castello”, vol. I, III; Città di Castello; 1910
[7] Giovanni Muzi - “Memorie ecclesiastiche e civili”, 3 voll., 1842, Città di Castello, Donati
[8] Giovanni Muzi - op.cit.