LETTERE - Libro I - 103

 

Gian Battista Castaldo nasce nel 1493. Marchese di Cassano, capitano dell'esercito imperiale, partecipa alla
battaglia di Pavia, durante la quale si distingue nella cattura del re di Francia Francesco I. Prende parte al sacco di Roma del 1527 ed in seguito combatte anche in Piemonte, in Ungheria e nelle Fiandre. Partecipa pure alla guerra smalcaldica e dirige le operazioni contro i Turchi in Transilvania. Quando non impegnato a combattere risiede in Milano dove è anche segretario di Alfonso d'Avalos. Oltre che nell'epistolario (15 lettere in partenza e 16 in arrivo), da Pietro Aretino è ricordato anche nel "Ragionamento de le corti". E' pure citato dal Guidiccioni e dal De Caro. Muore presumibilmente nel 1578.

 

 

Al signor Gian Battista Castaldo


Messer Ottaviano Scotto mi ha consegnate le camisce di rensa finamente lavorate di seta nera, e l'ho avute carissime, e penso di far sì che non mi sieno rubate come mi fur quelle con l'opere di seta chermisi, che mi mandaste doppo i 30 scudi, essendovi trasferito a Mestre nel tornar da la guerra d'Ungheria. Un mio creato, volendo andare a Lucca, sua patria, chiama una gondola a tre ore di notte scura, e ponendoci suso un forzieri nel quale erano con dette camisce robbe di valore di duecento scudi, uscì de la barca per cagione d'un paio di calzoni di velluto che il sarto aveva di suo; onde il bercaiuolo pontò via con la preda, come sanno fino ai canali di tutta questa città. Ma Dio lo perdoni a chi assassina me, che do a ognuno quel ch'io ho! Perciò mai niente ho né averò se non cambio vezzo; la qual cosa non è possibile, perch'io ebbi la prodigalità per dota come la maggior parte degli uomini ha l'avarizia, ed è chiaro che i prodighi spendano ogni cosa in un tratto come avessero a vivere un dì, e gli avari non
ispendano mai cosa alcuna come avessero a viver sempre. Ma sia ciocchè esser si vole, ch'io non istimo il mondo, e mi basta la grazia di Dio e quella de la signoria vostra,   la qual prego che mi comandi.
Di Venezia, il 12 di marzo 1537.


Pietro Aretino

 

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