La
Rocca di San Secondo
Sala dell'Asino d'Oro
Autore degli affreschi | Ignoto, forse Vicenzo Tamagni; in ogni caso un allievo di Giulio Romano |
Epoca di esecuzione | 1525 - 1532 ca. |
Soggetto | Diciassette immagini del romanzo di Apuleio "Le Metamorfosi o L'Asino d'Oro" |
Descrizione apparato pittorico | At ego tibi sermone isto milesio
varias fabulas conseram...: con queste parole inizia la storia
di un giovane di nome Lucio che rappresenta, in chiave
autobiografica, l'autore e simboleggia l'animo umano. Lucio verrà punito per la insaziabile cupidigia di approdare a sempre nuove conoscenze e troverà pace e serenità solo quando riuscirà a capire i misteri di Iside e della sua religione. Originario di Patrasso, recatosi in Tessaglia, paese delle streghe, si ritrova in casa di Milone, la cui moglie Panfile è una maga che ha la facoltà, con l'ausilio di speciali pomate, di trasformarsi in uccello (I quadro). Aiutato dalla servetta Fotide, sua amante, Lucio tenta la sublime trasformazione, ma, sbagliato unguento, diventa asino, emblema del dio del male Tifone, antitesi di Iside (II quadro). Caricato delle masserizie rubate (III quadro), bastonato (IV quadro) viene portato, da feroci banditi, nel loro covo, dove incontra Carite, una fanciulla rapita (V quadro). Lucio tenta senza fortuna di fuggire, prima da solo (VI quadro), poi insieme alla ragazza (VII quadro). Finalmente i due vengono liberati dal fidanzato di lei, Tlepomeno (VIII quadro). Affidato ad un garzone perché ne abbia cura, il povero asino-Lucio viene maltrattato (IX quadro) sino al punto di subire un tentativo di sodomizzazione con un tizzone ardente da parte della madre dell'asinaio, infuriata per la morte del proprio figlio (X quadro). Lucio passa di padrone in padrone: lo troviamo al servizio di falsi sacerdoti della dea di Siria (XI quadro), con i quali rischia maledettamente la vita prima di potersi mettere in salvo (XII quadro). Servi lo sorprendono mentre, chiuso in dispensa, si sazia degli avanzi di carne (XIII quadro) e ne informano il nuovo padrone che, fatta portare la bestia nel triclinio, ne sperimenta i gusti e le attitudini simil umane, in campo alimentare (XIV quadro) e non solo, se una matrona, desiderosa di provare nuove e più profonde emozioni, se ne procaccia i servigi restandone soddisfatta (XV quadro). Tanta ne è la fama che l'asino dovrebbe persino esibirsi in pubblico, nell'anfiteatro (XVI quadro). Ma Lucio, dopo tante peripezie e avventure, ormai non ne può più, anche perché riprende coscienza di sè, ribellandosi allo stato cui è costretto per un amaro sortilegio. Finalmente troverà il tanto sospirato antidoto, le rose, nello statdio dove è stato portato per esibirsi pubblicamente. Mangiatele (XVII quadro) ritornerà uumo. Il finale diverge notevolmente dai canoni apuleiani, riconducendosi alla moderna volgarizzazione boiardesca. |
Uso originario | Camera nuziale |
Scheda compilata da Pier Luigi Poldi Allaj