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Relazione storica tenuta da Pier
Luigi Poldi Allaj |
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Ringrazio i convenuti per la numerosa e qualificata partecipazione. Ringrazio in particolare il prof. Corrado Scaravelli, Pro-rettore dell'Università di Parma, che con la sua presenza, oltre a qualificare scientificamente la serata, fa sentire un pochettino più giovane il relatore, che ricorda gli anni trascorsi presso l'Ateneo parmense. Ringrazio Umberto Longari per aver gentilmente provveduto all’ingrandimento di alcuni pezzi della sua collezione.
La "Spalla" e, al pari, gli altri rinomati salumi parmensi - il prosciutto, il salame, il culatello - hanno loro propri eponimi, consacrati dalla storia e dalle tradizioni. Eponimo, parola dotta e difficile che semplicemente significa "luogo o persona che dà il proprio nome a qualcosa". In tema di salumi sappiamo bene dove vogliamo parare quando parliamo di Parma, di Felino, di Zibello, di Bologna, di Modena...
E questa esclusiva vale, ovviamente, anche per San Secondo e la sua "Spalla". Una esclusiva consacrata dalle tradizioni e dalla storia della primordiale area di produzione, a cavaliere del fiume Taro, per quanto a tempi alterni, praticamente tutta sotto la giurisdizione di San Secondo.
Le antiche "ville" di San Quirico, Copezzato, Argine, Canale, Palasone e Pizzo, oggi "frazioni" suddivise nei Comuni di San Secondo Parmense, Trecasali e Sissa, erano strettamente interconnesse, e in verità ancora lo sono, solo attraversate dagli ampi meandri del fiume Taro che, nonostante le moderne arginature di tanto in tanto tiene in apprensione le popolazioni residenti. E possiamo ben comprendere quanto labili fossero stati i confini nei primi secoli del secondo millennio, quando in quelle terre "tra valli, 'marzani', 'bodri', fosse, fossati, fontane e fontanelle si insinuavano, talora congiungendosi e tal'altra divaricandosi, i bracci vivi e morti del Po, del Taro, del Parma, dello Stirone, dell'Ongina, del Lorno, della Navarezza, della Rovacchia e della Rigosa, tutti pressoché sprovvisti di arginature". Giuste puntualizzazioni di Umberto Primo Censi in "Uomini e terre del Capitolo Cattedrale nella Bassa Parmense - Sec. IX-XIV" (Istituto G. Galilei - Comuni di San Secondo Parmense, Sissa, Trecasali e Roccabianca, 1995).
Riprendendo analoghe osservazioni del Drei, il Censi aggiunge che Palasone nel tempo aveva perduto la sua importanza castellare e curtense autonoma, sino a configurarsi addirittura come "Palasone detta di San Secondo". Cosa che non era sfuggita neppure al prevosto Giuseppe Maria Cavalli, nel 1870, nei suoi "Cenni storici della Borgata e Chiesa di San Secondo": "Dal quale documento abbastanza chiaramente si deduce che la Corte di Palasone e suo Castello era assoggettata alla giurisdizione di San Secondo: 'quae dicitur Sancti Secundi' considerato capoluogo e centro della feudale Signoria dei Canonici". E, del resto, anche la "Villa di San Quirico", estesa per 2980 biolche e con una popolazione di 283 uomini e 260 donne, ancora nei primi anni del XIX secolo, era parte integrante della "giurisdizione di San Secondo", come veniva evidenziato da Antonio Cavalli il 22 agosto 1803 in una relazione richiesta da Medéric Louis Elie Moreau de Saint-Méry, Amministratore Generale degli Stati di Parma, Piacenza e Guastalla (Manuela Saccani, 1803: San Secondo si presenta a Moreau di Saint-Méry, A.S.P.P., Parma, 1987).
Una geografia che si intreccia a maglie strettissime con la storia e che ci rimanda alle suggestive pergamene – pergamene usate ed abusate - del febbraio 1170, quando il notaio Puteolisius, per conto dei Canonici del Capitolo Cattedrale di Parma, faceva, tra l'8 e l'11 di febbraio, la ricognizione di quanto dovuto dai contadini per l'affitto, partendo dal "capoluogo" San Secondo per le terre che si trovavano "in curte Sancti Secundi", per poi passare al Pizzo per i terreni collocati "in villa Pizii" e terminare il censimento a Palasone per le terre "que sunt in curte Palacionis ed in Plebe Sancti Quilici". E, allora, non c'era ancora il ponte di Martorano, e neppure quello di Gramignazzo, ma evidentemente soltanto una strettissima contiguità territoriale e amministrativa.
L'atto di San Secondo, temporalmente antecedente quelli di Pizzo e di Palasone - rispettivamente datati 8, 10 e 11 febbraio - è pure significativo di una ben maggiore solennità, come ho avuto modo di rimarcare sulla Gazzetta di Parma (Rubrica "Tutta Parma") del 30 settembre 2003. E' il primo dei tanti conforti documentali che si possono esibire a favore dell'eponimo rossiano.
L'abbondanza di documenti è ben giustificata dallo sviluppo e dalla diversa importanza, avuta nel tempo e tuttora evidente, della "piazza mercatale" di San Secondo rispetto a quella delle "ville" subordinate, come hanno avuto modo di descrivere, lungo tutto l'arco del XIX secolo, i nostri "storici" Antonio Cavalli, Giuseppe Maria Cavalli e Dante Minghelli Vaini.
Antonio Cavalli nel 1803, rispondendo al già citato questionario di Moreau di Sain-Méry, parlava di un "mercato settimanale che si fa nel mercoledì lungo la Contrada maggiore del Paese da Mezzodì a Settentrione [...] copioso e bello" dove si possono reperire anche "gl'animali Suini [...] allevati in copia dai nostri Villici". E a cosa servivano "gl’animali Suini", se non a incrementare la importante produzione della "spalla di San Secondo"? "Altra produzione propria del Paese e di grand'ente per la sua riputazione fuori Stato sono le Spalle dell'Animale Suino con osso assicurate con sale e pepe, diffese dal Bertoncino del Suino, ed amagliate con Spago, quali si mangiano cotte, ma non sono saporite se non dopo almeno sei mesi, siccome si travagliano d'Autunno avanzato, ed Inverno, così solamente per l'estate successiva sono in istato di perfetta condizione, e per istruzione s'aggiunge che vi vogliono tante ore a cuocerle, quante sono le libbre d'oncia dodici nel peso d'ogni Spalla".
Nel 1870 il Prevosto Giuseppe Maria Cavalli, nel citato manoscritto "Cenni storici della Borgata e Chiesa di San Secondo", testualmente recitava: "Vi abbonda il bestiame bovino e porcino del quale se ne fa qualche traffico. I salati che si fabbricano in San Secondo riescono con credito presso i gastronomi, fra cui sono da tempo salite in celebrità le così dette Spalle, che dal paese prendono nome ed hanno larghissimo spaccio" (p. 11). E ancora: "I mercati del mercoledì erano un tempo fiorentissimi".
Dante Minghelli Vaini, autore dei
"Cenni sul
Castello di San Secondo" ( Roma, 1895), ultimo proprietario della Rocca, certamente
più intenditore di commerci che di arte e letteratura, pur non disdegnandole,
nel 1895, dopo aver accennato al "fiorente commercio, cui giovano un
frequentatissimo mercato settimanale ed un'annua fiera", affermava che
"il paese [è] ricchissimo di vari prodotti, di cui alcuni sono stimati
anche sui mercati dell'estero. Cito per primo il floridissimo commercio di salumi, fra cui celebre 'la spalla', detta
appunto 'di S. Secondo' ed immortalata dal Giusti nei ben noti versi:
E gridi che il suo santo è San Secondo
E che il zampon di Modena del mondo
Compensa il Duca
(Giusti, I brindisi)".
Aggiungeva Minghelli
Vaini: "L'importante produzione necessita
gran numero di braccia ed appunto in quella stagione invernale in cui gli altri
lavori sono interrotti: le spalle, i culatelli, i piccoli salami di S. Secondo
si trovano presso tutti i grandi negozianti dell'Italia non solo ma di Parigi e
di Londra; il resto dei lardi e salumi gode tal fama nelle province limitrofe
alla Parmense che la produzione per la grande ricerca ne è assai cospicua,
sicché il decimo ne sarebbe sufficiente ai bisogni della popolazione".
Sono note a tutti le testimonianze di Giuseppe Verdi e dei suoi amici e collaboratori, del vescovo di Parma mons. Vitale Loschi, del Molossi e del Malaspina, di Giacomo Tommasini, protomedico di Maria Luigia, e del poeta Giacomo Leopardi...
Mi piace con voi ricordare le significative azioni di tutela e valorizzazione della "Spalla di San Secondo" attuate nel secolo appena passato, a partire dalle "Mostre agricole e dell’artigianato" che si sono tenute qui in Rocca, quanto meno, dal 1928 al 1935. Come ben si evince dalla fotografia dell'agosto 1929, almeno un paio di bellissime "Spalle di San Secondo", in primo piano, arricchiva sempre gli stands dei salumieri, riconoscibilissime – le spalle - dalla rotondità, dalla cordicella penzolante, dal grembiulino (la "scusalèta") avvolgente, tipici elementi morfologici e "decorativi" del prelibato salume.
La "Spalla di San Secondo" era, a ragione, uno dei prodotti simbolo nelle esposizioni e nella pubblicità, assieme alla fortana, naturalmente!
Era un prodotto talmente rinomato da avere citazione, nel 1953, nel "Novissimo Dizionario della Lingua Italiana" di Fernando Palazzi (Casa Editrice Ceschina, Milano). Evidentemente era un vero amante della "Spalla di San Secondo" il Palazzi, che nessun riferimento dà delle altre delizie, il prosciutto di Parma, il culatello di Zibello, il salame di Felino.
Nel 1957, la millenaria Fiera di Agosto veniva ufficialmente intitolata ai tipici prodotti fortanina e spalla. Del comitato promotore facevano parte i compianti Giacomo Vighi, sindaco, e il notaio Enrico Bandini, a detta di tutti la vera anima del movimento e committente del logo della fiera che a buon diritto adesso diventa il marchio ufficiale del prodotto. E ancora si ricordano, promotori, il dottor Luciano Corradi e il vicesindaco Remo Allegri, qui presente e che saluto e ringrazio per la lungimiranza. Da ricerche e testimonianze risultavano presenti a quegli incontri anche un giovane studente, oggi ingegnere, Luigi Devodier, figlio di Giuseppe, la cui bottega è stata un vero e proprio santuario enogastromico sino a qualche decennio fa, e Memo, gestore della trattoria del "Sole".
Cose che fanno ricordare altre cose, riprese, oltre trent'anni fa, da un giornalista già affermato, e che col tempo sarebbe diventato condirettore della Gazzetta di Parma, il dottor Pier Paolo Mendogni. Nel proprio intervento sul libro miscellaneo "San Secondo - Arte Storia Attualità", voluto dall’allora prevosto don Walter Dall’Aglio nel 1970 per celebrare i 500 anni della comunità sansecondina, Mendogni ricordava i luoghi sacri della "Spalla di San Secondo": "Oltre che da Devodier e dagli altri salumieri del paese (Bolsi, Pizzi) […] si può andare alla Volpe, da Bocchi e alla Mazzini nel largo spazio prospiciente la Rocca, oppure al "Sole" (contro l’Oratorio di San Luigi) o alla locanda Maggiore (di fronte all’ospedale) o da Toti (in via Indipendenza) o a Valle, sulla provinciale, dopo Pizzo". Questi i ricordi di Pier Paolo Mendogni, tra la fine degli anni sessanta ed i primi settanta, magari dimenticando qualcuno.
Infatti, ancora negli anni cinquanta, rinomata era anche la "Salumeria Gastronomica di Lodovico Cugini", in via Garibaldi, dove poi era subentrato un altro artista della carne, e non solo di maiale, Renzo Bocchi. E non scordiamoci di Valentino Bolsi, vicino al Caffè Centrale.
Oggi la "Spalla di San Secondo, oltre che da Emanuele Cavalli, produttore locale per antonomasia, a San Secondo la possiamo trovare da Attilio Cavalli, dalla Vincenza Boselli e da Celso Copelli in via Roma, da Gemore Bini in piazza dell’Ospedale, da Magnani in via Garibaldi (via Garibaldi sud, come direbbe qualcuno). La "Volpe" ha ripreso da poco nuovo slancio e vigore assieme alla collaudata "Corte", all’Angedras e alla "Fiorita" dell’estroso Florindo.
Nel 1970 si rammaricava il Mendogni: "Peccato che i produttori non si siano mai riuniti in un serio consorzio per propagandare il prodotto e tutelarne la qualità"... Sono convinto che presto si riuscirà, finalmente, a cancellare anche questa ombra!
Auguro alla "Spalla di San Secondo" e a quanti vorranno produrla e commercializzarla i migliori successi, successi in misura uguale e superiore alla tradizione storica del prodotto, così come è stato consacrato dal tempo.
© Pier Luigi Poldi Allaj 2004