CULATELLO DI ZIBELLO |
CULATELLO DI ZIBELLO
Il gran sovrano della Padania
di Paolo Panni
Un
grande monarca che domina l’immaginario degli abitanti e dei “forestieri”,
così potrebbe essere definito il Culatello, prodotto tipico per eccellenza
della Bassa Parmense, autentico fenomeno della ricca, gustosa e invidiata
gastronomia locale. “Sua Maestà” ha trovato nella nebbia, tanto odiata
dagli uomini, la sua perfetta principessa; è a lei che si deve
l’incomparabile sapore e l’inconfondibile profumo del grande salume.
L’umidità climatica è infatti il primo ingrediente, quello basilare, che
incide maggiormente sui processi di stagionatura del primo protagonista delle
tavole locali. Soltanto a venti chilometri di distanza dalle rive del Po un
prodotto così eccezionale
non potrebbe nascere; in tanti hanno provato, qualcuno c’è quasi
riuscito, nessuno ce l’ha mai fatta. E questo lo rende ancora più inimitabile
e ricercato.
Sul suo nome si sono spesi commenti a volontà; non è gentile, non è invitante e non è nemmeno poetico. Su questo tutti sono d’accordo. Si tratta di un nome soprattutto irriverente e delicato al tempo stesso capace di evocare, nella radice, la fortuna più sfacciata e, nella desinenza, la grazia più leggiadra. Ma del resto, se un grande Re dei Franchi e padre di Carlomagno poteva essere chiamato “Pipino il Breve” anche al Culatello, a questo punto, possiamo lasciare la sua denominazione, con rispetto e buona pace di moralisti e benpensanti. Tutt’al più lasceremo libera la Madre Superiore d’un convento di dire a un’educanda che le porge un bel piatto di Culatello portato in dono dai genitori: “Oh, oh…, sarà un sederiello!”. Non poteva davvero nascere altrove questo nobile salume; nella terra in cui i paesi si chiamano Staconcolo, Paroletta, Ca’ dei Gatti, Cogolonchio e Ragazzola il Culatello poteva essere soltanto di Zibello con cui fa pure rima…
Qualcuno dice che, per certi versi,
lo strabiliante successo ottenuto dal “Re dei salumi” possa essere stato
favorito anche dal nome pittoresco…Può essere, ma se una cosa è certa è
che, più che negli ammiccanti ed equivoci giochi di parole, il segreto di
cotanto successo è da individuare nella sostanza dell’eccellente insaccato.
Il nome, tanto per farla breve, deriva né più né meno dalla parte del maiale
(l’animale suo malgrado più generoso) da cui viene ricavato. E dunque: pane
al pane e culatello al culatello. Del resto l’importante è mangiarlo e non
pronunciarlo…
Si tratta di un prodotto assolutamente eccezionale, vanto della Bassa Parmense, della cultura, della storia e delle tradizioni agricole locali. La sua diffusione popolare pare abbia avuto inizio tra il Seicento e il Settecento anche se, è bene precisarlo, in un documento datato 1322 figurerebbero “eccellenti culatelli” tra i doni che i marchesi di Busseto e i conti di Zibello offrirono al cugino Andrea dei conti Rossi per il suo matrimonio con Giovanna dei conti Sanvitale. Attraverso i secoli il Culatello è stato “cantato” e lodato da eminenti figure di poeti, giornalisti, scrittori e musicisti; a partire da Gabriele D’Annunzio che in un suo scritto a Renato Brozzi si diceva “un cupidissimo amatore del parmense culatello (con una T o con due?)” e, tanto per non smentire le sue caratteristiche di poeta sensuale e passionale, arrivava a paragonarlo, per forma e dolcezza, alle mammelle di una giovane donna. Non solo D’Annunzio ma anche il celeberrimo musicista Giuseppe Verdi, gran consumatore e donatore della Spalla di San Secondo,lo gustava apertamente tanto da offrirlo, in una particolare occasione, al sindaco di Busseto. Ha deliziato inoltre decine di migliaia di palati, famosi e non, cominciando da quelli di Bill Clinton, Tony Blair, Oscar Luigi Scalfaro e Giovanni Paolo II, solo per citare gli ultimi e, allo stesso tempo, più celebri.
Alle
soglie del terzo millennio, il Culatello intende continuare ad essere un
protagonista assoluto. Vuol farsi ancora conoscere, gustare e ricercare; vuol
far parlare di sé e deliziare, come ha sempre fatto, chi intenderà incontralo
sulle tavole raffinate della gastronomia parmense. La parola moda? Nemmeno sa
cosa sia; un prodotto del genere non conosce mode, spazi e tempi. Se dopo secoli
di vita è ancora lì, in perfetta salute e sempre in grado di attirare frotte
di cultori della buona cucina (per la gioia di produttori e ristoratori), c’è
da crederlo che non passerà affatto di moda…Allo stesso tempo continuerà però
a mantenere quella produzione artigianale, frutto della più genuina e semplice
tradizione contadina, che lo ha sempre caratterizzato e reso famoso un po’
ovunque. Non è facile prepararlo, la sua lavorazione richiede mani esperte e
grandi conoscenze, tali da far classificare il lavoro dei norcini come una vera
e propria arte. Ne sanno qualcosa i dodici produttori del Consorzio del
Culatello di Zibello che coordina e promuove la
produzione dello squisito salume. Spesso e volentieri la preparazione
delle specialità tipiche è protetta dal più stretto riserbo; non è il caso
del Culatello per la cui produzione sono palesemente descritti tutti i
procedimenti. Non ci sono rischi di imitazioni: è il clima che preserva
l’insaccato da eventuali, improbabili contraffazioni. Solo nella Bassa
Parmense è possibile far nascere “Sua maestà”.
COSI’
HANNO SCRITTO DEL CULATELLO
POETI, SCRITTORI E GIORNALISTI…